Da Zero a Uno

Mi hanno sempre fatto passare per un fannullone. Per uno che avrebbe fatto volentieri qualcosa in meno piuttosto che qualcosa in più. La cosa non mi ha mai fatto perdere il sonno, anche se non vi nego che non mi andava assolutamente giù. Ero molto più semplicemente, un motore che necessitava di un certo tipo di lavoro. Non ero adatto a carichi eccessivi, perché altrimenti andavo in over-training. Vi ricordate Oscar Freire? È stato un campione con i fiocchi, un talento assoluto, ma lui come me non aveva il fisico per reggere certe tabelle di allenamento: Luca, questa cosa, la capì.

Non fu facile, non fu nemmeno immediato. Ricordo che entrambi ci trasferimmo in Belgio dopo la magnifica esperienza “cubettata” in maglia Mapei. Lì, in più di un’occasione, mi ritrovai a subire le tabelle del professor Aldo Sassi, che era un’istituzione e io per primo non osavo minimamente contraddire o contestare nulla a una delle eccellenze più fulgide della ricerca applicata allo sport, tale era Aldo Sassi. Poi, una volta chiusa l’esperienza Mapei, ci trasferimmo da Patrick Lefevere.

Il gruppo italiano aveva una grossa responsabilità: dimostrare anche in Belgio di essere all’altezza della situazione. In quell’inverno del 2002, ricordo che affrontai con decisione Luca: non potevo più tacere. Non mi andava più di subire gli allenamenti, di arrivare alle corse stanco, sopportare carichi di lavoro così impegnativi e distanti dalle mie possibilità. Ci fu un confronto franco e sereno, rispettoso ma ripeto deciso e Luca comprese perfettamente le mie esigenze. Da quel momento tra noi è nata un’amicizia che ci ha portato ad ottenere assieme risultati pazzeschi, ma la cosa bella è che il risultato più vero è dato dalla nostra amicizia che persiste e resiste da allora.

Non passa anno che non ci si incontri con il mio più stretto gruppo di lavoro, del quale fa parte chiaramente Luca, così come Alessandro Tegner e Paolini, Bramati, Cerea e Bignotti (i massofisioterapisti), Villa, Oppici, Alvaro Crespi e Parsani, Zanini, Moreni e Andrea Tonti. Abbiamo un nostro gruppo su WhatsApp, dove ci si confronta e ci si ritrova, senza perdersi. Luca è chiaramente centrale in quella che è stata la mia avventura sportiva. Ancora oggi mi chiama “capitano”, e in più di un’occasione ha sostenuto e sostiene di aver imparato tantissimo da me, quando invece siamo cresciuti assolutamente insieme e insieme abbiamo imparato l’uno dall’altro. Vuoi per la passione che ci accomuna, vuoi perché stavamo svolgendo al meglio il nostro lavoro, ma soprattutto e principalmente perché è prevalsa l’amicizia che ancora oggi alimenta le nostre vite.

Luca ha avuto il grande merito di ascoltarmi, di comprendere le mie esigenze e di venirmi in soccorso, come tante volte ha fatto Luca Paolini e non solo lui. Ha avuto il grande merito di rendere i miei allenamenti bilanciati, armonici e coerenti con il mio corpo, che inviava chiari segnali: altro che fannullone! Non si è mai fatto piegare dai pregiudizi e, come è solito dire lui, si è messo in modalità ascolto. Non è da tutti. Lui l’ha fatto e per questo oggi non posso far altro che ringraziarlo. Se sono e se siamo quello che siamo, il merito è tuo: è nostro.

Paolo Bettini